Aflatossine in alimenti: come proteggersi dal pericolo cancerogeno
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Aflatossine in alimenti: come proteggersi dal pericolo cancerogeno


L ‘esposizione alle aflatossine dagli alimenti è aumentata negli ultimi anni di pari passo con i consumi di frutta secca essiccata e semi oleaginosi. Inoltre i cambiamenti climatici in atto stanno aumentando la frequenza delle contaminazioni da micotossine anche nei paesi temperati come l’Italia, non solo in quelli africani oppure asiatici. Ecco la nostra guida per proteggersi al meglio.

Aflatossine negli alimenti come proteggersi

Le aflatossine diminuiscono le difese contro il CANCRO

Le aflatossine sono delle sostanze tossiche, nello specifico micotossine prodotte da funghi. Si possono trovare nei prodotti alimentari e possono causare nell’uomo un’intossicazione acuta con sintomi importanti fino all’edema cerebrale ed alla morte.(1)

L’aflatossina è un potente cancerogeno (un agente che provoca il cancro) e mutageno (una sostanza che muta le cellule). È stato riscontrato che provoca il cancro al fegato negli animali. È stata anche correlata al cancro al fegato nell’uomo nei Paesi in via di sviluppo dove il consumo di mais, arachidi e di altri alimenti contaminati da aflatossine è elevato.(1)

Essendo responsabili di effetti mutageni, queste sostanze che interagiscono sul DNA e causano l’insorgenza di alcuni tipi di tumore sono sottoposte alla regolamentazione da parte dell’Unione Europea.(2)

Quale livello di Aflatossine è sicuro?

A livello europeo, il Regolamento (UE) 1881/2006 fissa i limiti massimi che possono essere presenti in prodotti alimentari quali cereali, frutta secca, spezie, prodotti per l’infanzia e latte per quanto riguarda l’aflatossina B1, le aflatossine totali, (AFB1+AFB2+AFG1+AFG2) e l’aflatossina M1.

Negli ultimi anni i richiami per rischio chimico sono diminuiti, ma non perché i prodotti sul mercato sono più sicuri… Ma perché dal 2009 la Commissione europea ha deciso di innalzare il livello minimo di aflatossine totali e AFB1 consentito in molti prodotti. Come la frutta secca da 4 a 10 µg/kg  e fino a 15 µg/kg nei prodotti trasformati”.(3)

Le normative statunitensi sulla sicurezza alimentare sono ancora più permissive di quelle europee: hanno un limite di 20 µg/kg di aflatossine totali nei prodotti alimentari.

Tuttavia, la verità è che NON sappiamo in che quantità le aflatossine siano sicure per ognuno di noi. Inoltre l’EFSA ha confermato che anche piccole esposizioni possono portare a un carico cumulativo significativo. Infatti, la ricerca clinica ha dimostrato che l’ingestione di bassi livelli di aflatossina per un lungo periodo di tempo è stata implicata nel cancro al fegato, nell’epatite cronica, nell’ittero, nella cirrosi e nell’alterata assimilazione dei nutrienti.

Pericoli dell’aumento della soglia consentita in UE

Ma che cosa rischia l’ignaro consumatore che mangia arachidi o mandorle pensando che facciano bene alla salute?

Spiegava nel gennaio 2010 sul Corriere della Sera Carlo Brera, ricercatore del Dipartimento di Salute Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare dell’Istituto Superiore di Sanità – Reparto OGM e Micotossine:

«L’Unione Europea da alcuni anni ha demandato le valutazioni in materia di sicurezza alimentare all’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA). L’autorizzazione all’innalzamento della soglia di aflatossine consentite arriva a seguito di un parere positivo dell’EFSA, che è consultabile anche online: secondo l’ente europeo, alzare i limiti non provocherà un aumento significativo di pericolo per la salute pubblica.

Il nostro Istituto in realtà ha assunto una posizione diversa, perché non riteniamo sufficienti i dati e le argomentazioni portate dall’EFSA per innalzare i limiti di sostanze che sono certamente nocive: non a caso il Governo italiano, accogliendo il nostro parere, è stato l’unico a votare contro».

Aflatossine il rischio dei celiaci

I dubbi ci sono non solo per la frutta secca, ma anche e soprattutto per altri prodotti di uso più abbondante, come i cereali: non a caso proprio Brera, assieme alla collega Marina Miraglia e in collaborazione con l’Associazione Italiana Celiachia, avevano iniziato il primo studio italiano di valutazione dell’esposizione dei celiaci ad aflatossine e altre micotossine del mais.

I celiaci infatti sono grandi consumatori di questo cereale perché è privo di glutine, ma la pianta di mais è geneticamente molto suscettibile alla contaminazione con aflatossine: valutare quanto e come sono esposti questi pazienti potrà dare informazioni utili anche a tutta la popolazione, per capire davvero quante aflatossine ci arrivano nel piatto.

Inoltre, poiché le aflatossine sono molto stabili, possono sopravvivere alle alte temperature con poca degradazione. Significa che, cucinare, cuocere o arrostire non offre alcuna protezione secondo studi recenti.
Ma ci sono alcune cose che si possono fare…

Evitare le Aflatossine dagli alimenti

La migliore difesa è evitare i prodotti alimentari vegetali e animali industriali più frequentemente contaminati da aflatossine che includono:

  • cereali (mais, riso e quinoa)
  • frutta secca & fichi secchi
  • semi oleaginosi
  • oli vegetali (di arachidi, mandorle, noci, semi di lino, di cotone)
  • soia, legumi, cacao e caffè
  • spezie (curcuma, zenzero, peperoncino, noce moscata)
  • tè e tisane
  • succhi di mela (sono state trovate aflatossine B1, B2, G1, G2)

Nel mondo animale, l’aflatossina M1 (AFM1) si può trovare essenzialmente nel latte e formaggio di bovini, ovini e caprini se provengono da bestiame alimentato con foraggi che presentano considerevoli livelli di micotossine. La quantità di metabolita AFM1 presente nel latte dipende ovviamente dalla quantità di AFB1 presente nei foraggi destinati agli animali.

Assicuratevi di scegliere formaggi come parmigiano reggiano bio dop da animali alimentati con erba da un fornitore di fiducia come The Honeyland.

Aflatossine nella frutta secca e trasformati

aflatossine frutta secca arachidi

Spesso queste sostanze non danno traccia visiva della loro presenza, infatti si trovano in quantità variabile nella maggior parte della frutta secca in commercio come:

In particolare per le arachidi, nel suo report in 2018 EFSA ha ammesso che (4):

L’aumento del livello massimo (ML) per l'”aflatossina totale” (AFT) da 4 a 10 μg/kg nelle arachidi e nei relativi prodotti trasformati, destinati al consumo umano diretto o utilizzati come ingredienti di prodotti alimentari aumenterebbe ulteriormente il rischio di cancro di un fattore pari a 1,6-1,8.

Sfuso vs confezionato. Evitate sempre di mangiare frutta secca che sembra ammuffita e scolorita e anche quella in guscio “sfusa”. Per proteggere i prodotti dalle aflatossine, le più sicure sono le confezioni sottovuoto.

Preferire la frutta secca italiana di filiera corta dai piccoli produttori The Honeyland come:

Aflatossine nelle creme spalmabili, farine e barrette

Ad aumentare il rischio di intossicazione anche il consumo di prodotti trasformati considerati molto salutari, ma che contengono più aflatossine rispetto la frutta secca pura.

  • creme spalmabili (anche i cosiddetti burri di arachidi, di mandorle, nocciole, etc.)
  • farine di mandorle e castagne consigliate come alternativa alle farine di grano nelle campagne #glutenfree sostenute da molti influencer
  • barrette proteiche

Neanche i prodotti bio sono essenti da questo fenomeno, come risulta dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) che ha richiamato alcuni produttori di cacao bio oppure burro di arachidi bio.

Una soluzione per proteggersi è prepararsi in casa le creme spalmabili e le barrette con ingredienti sicuri di qualità.

Scegliere gli alimenti biologici senza Aflatossine

Per limitare lo sviluppo di muffe, nella maggior parte delle colture convenzionali vengono impiegate grandi quantità di fungicidi con effetti tossici per le api ma anche sulla salute dell’uomo.

Acquistate gli ingredienti più freschi che potete, da piccoli produttori biologici di cui vi fidate e che prendono sul serio la contaminazione da aflatossine come The Honeyland.

I metodi produttivi sono fondamentali perché la contaminazione avviene sia durante la coltivazione che durante il raccolto e l’immagazzinamento. 

In linea generale, la produzione di aflatossine sul campo è favorita dalle condizioni di stress a cui è sottoposta la pianta, come alte temperature e umidità, scarsità d’acqua, ma anche irrigazioni forzate. Le monocolture intensive e superintensive (anche bio) possono indebolire le piante e favorire la crescita dei patogeni sia nel suolo che nelle piante.

Nell’ostacolare comunque la formazione delle micotossine il “benessere vegetale della pianta e del suolo” sono fondamentali, ma implica più risorse che i grossi produttori non sono disposti a investire – perché il loro obiettivo è di avere grosse produzioni a basso costo.

Per questo The Honeyland sceglie alimenti da agricoltura non intensiva e alimenti italiani biologici di filiera corta che possono assicurare un prodotto sicuro e fresco.

Contrastare gli effetti delle Aflatossine: alimenti & integratori

Uno dei primi passi per disintossicare il fegato da aflatossine è limitare al massimo l’esposizione dagli alimenti e integratori.

Molti integratori sono dannosi per il fegato proprio per la presenza di aflatossine ma questo non viene mai menzionato in etichetta. Anche se contengono quantità importanti di queste tossine, purtroppo è quasi impossibile verificare con test di laboratorio tutti i prodotti sul mercato (come nel caso dell’ossido di etilene così diffuso in molte materie prime).

Alcune erbe e alimenti sono molto utili per depurare il fegato delle tossine, ma solo se privi di micotossine, pesticidi e metalli pesanti. Molto spesso quelli che arrivano dai paesi extra-UE possono creare più danni alla salute che benefici: è il caso della curcuma, cardo mariano, tarassaco carciofo oppure funghi medicinali o spirulina.

E’ anche il caso di alcuni prodotti delle api: il polline d’api presenta controindicazioni importanti quando è contaminato con micotossine.

The Honeyland è il primo shop online specializzato in alimenti e integratori biologici dai piccoli produttori italiani che utilizzando ancora metodi artigianali non intensivi e una filiera cortissima possono garantire prodotti virtualmente privi di aflatossine.

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